Elezioni 2022, considerazioni 

Il 25 settembre scorso si sono svolte le elezioni politiche, qualche mese prima della scadenza naturale che prevista per il 2023, in seguito al referendum del 20 settembre 2020 i componenti della Camera sono stati ridotti da 630 a 400 e quelli del Senato da 315 a 200 (rimangono i senatori a vita, quindi attualmente i membri sono 206).
Come è noto la coalizione formata da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati ha ottenuto la maggioranza dei seggi in entrambe le camere, questo grazie al 44% circa dei voti validi ottenuti .
Andiamo a fare alcune considerazioni con raffronti alle elezioni precedenti, bisogna prima di tutto dire che fino al 1992 compreso il sistema elettorale era di tipo proporzionale, ogni partito correva da solo, non c’erano coalizioni e collegi uninominali, esisteva certo una area governativa formata da un partito, la Democrazia Cristiana, al potere dal 1946 e dai sui alleati, PSI, PRI, PSDI e PLI, esisteva poi una opposizione di destra, il MSI-DN ed una di sinistra il PCI, questi sette partiti erano storicamente presenti a tutte le elezioni, naturalmente nel corso degli anni altre forze politiche erano state presenti in parlamento, ad esempio i Monarchici che poi erano confluiti nel MSI-DN nel 1972. In diverse elezioni, specialmente a partire dal 1976, erano entrati in parlamento movimenti di estrema sinistra, verdi, ed il Partito Radicale, nel 1992 aveva avuto un buon risultato la Lega Nord.
Il 18 aprile 1993 si svolgono otto referendum abrogativi, tra questi particolarmente importante il quesito che trasforma l’elezione del Senato da proporzionale a maggioritaria, anche se conserva un quota proporzionale. Tecnicamente come è possibile?
Nel 1948 il Senato prevedeva 238 elettivi, quindi l’Italia fu divisa in 238 collegi elettorali, ma – attenzione – non veniva automaticamente eletto il più votato di ogni collegio, su base regionale venivano sommati i voti di ogni partito o meglio gruppo visto che si potevano collegare anche candidati indipendenti, sulla base dei voti ottenuti in ogni regione venivano assegnati un determinato numero di seggi ad ogni gruppo ed all’interno di questi proclamati eletti i candidati che avevano ottenuto la miglior percentuale, tanto per fare un esempio il primo senatore del MSI, Enea Franza, fu eletto in Campania nel collegio di Benevento-Arino Irpino (era sindaco di Ariano) con il 27,65% dei voti mentre il più votato, il candidato della DC che prese il 30,19% non fu eletto, peraltro Franza si presentò come Indipendente con il simbolo dell’orologio ed era collegato ad altri candidati.
Nel 1963 il Senato fu portato a 315 membri, numero che rimane inalterato fino alle ultime elezioni, i collegi però non furono mai modificati (salvo che per l’aggiunta di Trieste nel 1963), il meccanismo di elezione individuale era basato sulla percentuale ottenuta e non sul numero di voti, quindi il fatto che alcuni collegi fossero più popolosi di altri non aveva importanza, conseguenza dell’aumento fu che ogni regione aveva un numero di collegi e quindi di candidati inferiore al numero di senatori assegnati, per esempio in Piemonte i collegi erano 17 a fronte di 23 seggi senatoriali assegnati, il referendum del 1993 elimina modifica quindi il sistema di elezione, chi vince in un collegio è automaticamente eletto, i seggi restanti, circa il 25% dsel totale, sono assegnati su base proporzionale, con dei correttivi che penalizzano che aveva vinto nei collegi.
Sistema analogo viene introdotto per la Camera dei Deputati.
E’ ovvio che un sistema elettorale simile porta automaticamente i partiti a stringere alleanze per presentare nei collegi un unico candidato, opportunità prevista alla Camera dove il candidato uninominale poteva avere più simboli accanto al suo nome mentre al Senato è previsto un solo simbolo per candidato e quindi vengono proposti simboli di colazione, rimane una quota proporzionale alla Camera, dove le schede sono due e dove per laprima volta viene introdotto uno sbarramento al 4%, ritorna infine l’obbligo per tutti di raccogliere le firme per presentarsi.
Nel frattempo altre cose erano successe, l’inchiesta denominata Tangentopoli spazza via molti partiti tradizionali, in pratica il c.d. pentapartito, formato da DC, PSI, PSDI, PRI e PLI, Nel 1993, inoltre si vota per la prima volta con l’elezione diretta del sindaco, vanno al voto città importanti come Torino, Milano, Roma e Napoli. In giugno a Torino la Lega Nord sfiora il ballottaggio, le elezioni sono poi vinte dal candidato del PDS, Valentino Castellani, contro Diego Novelli, sostenuto da liste di sinistra ed estrema sinistra, a Milano viene eletto il leghista Marco Formentini che batte al ballottaggio Nando Dalla Chiesa appoggiato da tutta la sinistra, con Rifondazione Comunista che prende più voti del PDS.
Ancora più clamorose le elezioni di novembre, a Roma Francesco Rutelli vince il ballottaggio contro Gianfranco Fini, appoggiato dal MSI-DN e da una civica, il MSI ottiene il 31,04% dei voti ed la lista più votata, a Napoli Antonio Bassolino vince al secondo turno contro Alessandra Mussolini, sostenuta dalla sola lista MSI-DN che ottiene il 31,16%,
Pare chiaro che l’alternativa alla sinistra non è più il centro ma la destra missina al centrosud e la Lega a Nord, anche in considerazione delle vittorie ottenute da questi due partiti in alcuni capoluoghi di provincia.
Irrompe sulla scena politica, a questo punto, Silvio Berlusconi con il movimento Forza Italia, le elezioni politiche si svolgono il 27 marzo 1994, le sinistre si presentano nei collegi uninominali ed al Senato con il simbolo Progressisti, mentre i partiti di centro come Patto per l’Italia, più confusa la situazione a destra, infatti Forza Italia si allea al nord con la Lega ed al centro sud, ma non ovunque, con Alleanza Nazionale-MSI, nonostante questa frammentazione le elezioni sono vinte da questi tre partiti che al proporzionale Camera ottengono il 42,84% dei voti.
Va detto che il sistema elettorale maggioritario era stato “venduto” agli italiani come garanzia di governabilità, infatti dopo due anni, il 21 aprile 1996 si ritorna a votare….
 
Nel 1996 la Lega Nord partecipa da sola alle elezioni ottenendo il 10% dei voti, Forza Italia, Alleanza Nazionale e CCD-CDU sono coalizzati nel Polo per le Libertà che ottiene il 40%, interessante quindi notare come l’area politica che ha vinto nel 2022 avesse preso, complessivamente, oltre il 50% dei voti, nonostante questo il centrosinistra che si presentava come L’Ulivo nel maggioritario ottiene la maggioranza in Parlamento, come nel 1994 nel collegio Camera di Taranto viene eletto il candidato della Lega d’Azione Meridionale di Giancarlo Cito, un risultato anomalo rispetto al resto d’Italia, mentre Rifondazione stringe un patto di desistenza con il centro sinistra e non mette candidati nella gran parte dei collegi della Camera, desistenza che invece il Polo non attua ne con la Lega Nord ne con il Movimento Sociale Fiamma Tricolore, perdendo così molti seggi.
La legislatura questa volta dura 5 anni e si va a rivotare nel 2001, sempre con lo stesso sistema elettorale, maggioritario al 75%. questa volta gli schieramenti sono decisamente più coesi e tutti i seggi uninominali, ad eccezione di quelli di Val d’Aosta e Trentino Alto Adige, vanno ad uno dei due schieramenti, sono le prime elezioni veramente bipolari e saranno anche le ultime con questo sistema, la coalizione di centro destra si presenta come Casa delle Libertà ed ottiene il 45,5% dei voti alla Camera, in questa tornata sono utilizzate le “liste civetta” ovvero liste con nessun tipo di appeal elettorale ma solo utili ad evitare lo scorporo dei voti della quota proporzionale, il loro uso ottiene invero l’effetto opposto, infatti alla fine dei conteggi Forza Italia ottiene 11 deputati in eccesso rispetto al numero dei candidati e, non potendo pescare tra i migliori perdenti uninominali collegati, per tutta la legislatura la Camera sarà composta da 11 membri in meno, nonostante questo la Casa delle Libertà ottiene la maggioranza.
Si va a votare nel 2006 e pochi mesi prima la legge elettorale viene radicalmente cambiata, si ritorna al proporzionale ma non a quello in vigore fino al 1992, sono ancora previste le coalizioni e vengono abolite le preferenze, gli eletti sono in base all’ordine di lista, sono anche aboliti i collegi senatoriali, che esistevano dal 1948, anche qui in ogni regione viene presentata una lista di candidati, alla Camera, inoltre, viene introdotto un premio di maggioranza, la coalizione più votata ottiene 340 seggi, al Senato il premio é su base regionale, inoltre 12 deputati e 6 senatori sono eletti dagli italiani residenti all’estero, il mondo viene diviso in 4 mega circoscrizioni.
Un sistema simile porta alla formazione di ampi schieramenti, il cartello di centrosinistra è formato da 14 partiti diversi, quello di centro destra da 12, tranne qualche sporadica presenza non ci sono altre liste, è previsto un sbarramento del 2% con il ripescaggio, in ogni coalizione, del primo partito sotto questa soglia, ne usufruiscono l’UDEUR di Mastella nel centrosinistra e la lista DC/Nuovo PSI nel centrosinistra, vince il centrosinistra con 19.002.948 voti pari al 49,81%, mentre al centro destra ne arrivano 18.977.843 pari al 49,74%, bisogna dire che il centrosinistra incamera i 182.000 voti della SVP, il partito di raccolta degli abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano, presente da sempre alle elezioni e che gode di particolari privilegi elettorali, nessuno ne discute la legittimità, nessuno mette in dubbio il diritto dei suoi eletti alla partecipazione legislativa della Nazione, tuttavia il fatto che i suoi voti contribuiscano a determinare un premio di maggioranza lascia perplessi.
Tuttavia la legislatura dura solo 2 anni, questo perché al Senato la differenza di seggi tra i due schieramenti era minima nel 2008 si ritorna a votare.
A Questo punto facciamo un passo indietro e parliamo di affluenza al voto, ricordando che per le elezioni del 2 giugno 1946 (referendum monarchia/repubblica ed Assemblea costituente) aveva votato l’ 89,08% degli aventi diritto:
Votanti per la Camera dei Deputati:
1994 – 86,31%
1996 – 82,88%
2001 – 81,38%
2006 – 83,62%
2008 – 80,51%
2013 – 75,20%
2018 – 72,94%
Come si vede la partecipazione al voto è sempre andata in diminuzione (tranne che nel 2006, forse proprio per il ritorno al proporzionale l’ampio numero di liste presenti), nel 2002 ha votato il 63,91% degli aventi diritto, si passa quindi da una astensione fisiologica, diciamo fino al 2008 ad un progressivo disinteresse per la politica.
Ma ritorniamo al 2008, poco prima delle elezioni Forza Italia ed Alleanza Nazionale si fondono nel Popolo della Libertà, non più un cartello elettorale ma un partito unico vero e proprio, non entrano nel nuovo soggetto la Lega Nord e l’UDC che, anzi, partecipa in solitaria alle elezioni, il sistema elettorale è lo stesso del 2006, cambiano gli schieramenti, infatti il centrodestra si presenta con tre liste: PDL, Lega (solo al nord ed in alcune regioni del centro) e MPA (Movimento per l’Autonomia) al sud e nel Lazio, ottenendo il 46,81% (con il PDL al 37,48%) ed i 340 seggi del premio di maggioranza, il centrosinistra é formato solo da PD e Italia dei Valori, ottiene complessivamente il 37,55%. Tra gli altri partiti (tutti corrono in solitaria) solo l’UDC riesce a superare lo sbarramento del 4% previsto per le liste singole, restano fuori dal parlamento milioni di italiani, infatti la Sinistra Arcobaleno (1.124.298 voti – 3,06%) e la lista La Destra-Fiamma Tricolore (884.961 voti – 2,43%) non ottengono seggi, e con loro altri partiti che comunque avevano ottenuto decine di migliaia di voti, superiore al risultato del MAIE (86000 voti) in Sud America che invece elegge un deputato, tutto molto democratico….
Questo sistema elettorale viene utilizzato per l’ultima volta nel 2013, questa volta però i protagonisti cambiano, infatti irrompe sulla scena il Movimento 5 Stelle che ottiene il 25,56% e arriva terzo dietro alla coalizione di centrosinistra (29,55%) ed a quella di centrodestra (29,18%) anche questa volta sono determinanti per la vittoria del centrosinistra i voti della SVP (0,43%), al quarto posto si piazza una colazione di centro formata da Scelta Civiva (partito fondato da Mario Monti) UDC e Futuro e Libertà per l’Italia, fondato da Gianfranco Fini che aveva lasciato il PDL, niente da fare per gli altri, in particolare Rivoluzione Civile di Ingroia che si ferma al 2,25% , Nella coalizione di centrodestra debutta Fratelli d’Italia che ottiene il 1,96% ed entra in Parlamento perché prima dei più piccoli, dietro a PDL e Lega, cosi per pochi punti non conquista seggi La Destra di Storace, che sarebbe stato ripescato se FDI avesse superato il 2% . Fiamma Tricolore, Forza Nuova e Casapound partecipano ognuno per proprio conto, ottenendo meno dell’uno per cento complessivamente, va detto che non erano presenti ovunque.
In seguito questa legge, che aveva assegnato un maggioranza di 340 seggi su 630 con ovvi squilibri, basti dire che Sinistra Ecologia e Libertà con il 3,20 aveva eletto 37 deputati ed il Centro Democratico con il 0,49% ne aveva eletti 6, il PD con il 25,43 ne elegge 262, viene dichiarata anticostituzionale.
Dunque bisogna fare una legge elettorale senza premio di maggioranza, si sarebbe potuto ritornare a quella del 1994 oppure al proporzionale, invece ci si inventa il Rosatellum, forse la più complicata legge elettorale mai esistita, ovviamente di reintrodurre le preferenze non se ne parla, i partiti hanno preso troppo gusto a far eleggere chi vogliono loro.
 

Incredibile ma vero la legislatura 2013 dura 5 anni, quindi si va al voto nel 2013 con una legge elettorale nuova, la terza dal 1994.

Il Rosatellum, nome che deriva dall’ideatore, l’on. Ettore Rosato, all’epoca parlamentare e capogruppo del PD, passato in seguito ad Italia Viva ed attualmente deputato di Azione/Italia Viva.

Questo meccanismo prevede l’elezione di 232 deputati con il sistema uninominale, 486 con quello proporzionale e 12 all’estero, per il Senato stesse regole (116 uninominali, 193 proporzionali e 6 all’estero), vengono ideati, pertanto le circoscrizioni e le regioni sono divise in collegi uninominali e plurinominali, in questi ultimi i candidati devono essere di genere alternato.

Si introduce uno sbarramento nazionale al 3% per tutti, compreso il Senato, che quindi perde la sua peculiarità regionale, sono previste le coalizioni ma se una coalizzata prende meno dell’ 1% i suoi voti non confluiscono nella coalizione, inoltre è obbligatorio collegarsi in ogni collegio ad un candidato, non è previsto un voto disgiunto (come per le comunali) ed in voti dati al solo candidato uninominale vengono ripartiti proporzionalmente tra le liste collegate. Tutto molto semplice, vero?

Naturalmente un sistema così complesso richiede calcoli complicatissimi per capire chi è stato eletto e chi no, tenendo anche presente la possibilità di candidatura multipla, alcuni casi di elezione dubbia non si sono risolti entro i cinque anni.

La colazione più votata è quella ci centrodestra, Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Noi con L’Italia, che ottiene il 37%, questa volta il partito più votato è la Lega con 17,35%, segue il Movimento 5 Stelle con il 32,68% e poi la coalizione di centro sinistra con il 22,86%, dove però il solo PD (18,76%) supera lo sbarramento.

Entra in parlamento anche la lista di sinistra Liberi e Uguali che ottiene il 3,39%, fuori tutte le altre, complessivamente circa il 4% dell’elettorato, in gran parte formato da sostenitori di movimenti “estremi” da Potere la Popolo al Partito Comunista oppure Casa Pound e Forza Nuova/Fiamma Tricolore, si rivede anche il PRI che, triste fine per uno dei partiti storici, prende solo lo 0,06%.

L’ampia partecipazione è favorita dal numero non eccessivo di firme da raccogliere, 375 per ogni collegio plurinominale, inoltre molte liste, di fatto i partiti rappresentati, sono esenti.

Questo porta ad un interessante dibattito: mettiamo che la lista A debba raccogliere le firme, la legge prevede che sul modulo di raccolta siano indicati i candidati, compreso ovviamente il candidato uninominale, supponiamo che A sia alleato a B e C che, invece sono esenti, il giorno prima della presentazione delle liste B e C decidono, per qualsiasi motivo, di cambiare candidato, loro possono farlo in qualsiasi momento, anche il minuto prima della termine di presentazione perché sono esenti, invece A si trova con firme non valide perché raccolte su altro nominativo. Questo rende di fatto impossibile l’alleanza tra chi è esente e chi non è.

Il problema è stato sollevato dai Radicali che, bisogna dirlo, su questi argomenti sono preparatissimi ed attenti.

Con questi risultati ed abolito il premio di maggioranza si fatica a fare il governo,alla fine nasce una maggioranza M5S – Lega, in barba alle coalizioni ed al voto uninominale dato a candidati leghisti da elettori non leghisti.

Non dura molto perché in seguito la Lega rompe, pensando di andare ad elezioni anticipate, visto che nel 2019 alle europee prende il 34,26%.

Invece si forma un governo M5S, PD, LeU, quindi va all’opposizione tutta la coalizione che aveva vinto le elezioni nel 2018.

Non dura moltissimo neppure questo e si arriva al governo Draghi con dentro tutti tranne FdI e chi nel frattempo aveva lasciato il M5S.

Il 20 settembre 2020 26.050.227 elettori si recano alle urne per il REFERENDUM COSTITUZIONALE – RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI , circa il 70% vota SI , l’esito era piuttosto scontato, anzi fa piacere che 7.691.837 non ceda alle lusinghe del populismo e voti NO, in effetti la diminuzione dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200 porta ad un risparmio minimo, se rapportato alla spesa pubblica nazionale.

I Collegi uninominali vengono quindi ridisegnati (si possono scaricare qui) e viene completamente stravolto il concetto di candidatura singolo nel collegio, infatti nel 1994 era stata venduta come la scelta di un rappresentante legato al territorio, ed in effetti con 475 collegi alla Camera un senso c’è nel 2022 i collegi uninominali alla Camera sono 144 più quello della Valle d’Aosta, al Senato 67 più uno in Valle d’Aosta e sei in Trentino Alto Adige, l’Italia è quindi suddivisa in collegi enormi, alcuni comprendenti più province, alcuni l’intera regione, quindi il rapporto candidato/territorio va a farsi benedire.

Le elezioni vengono indette in pieno luglio, i partiti non esenti dalla raccolta firme devono attrezzarsi per presentare le liste nel mese di agosto, un palese violazione del diritto di partecipazione, con i tempio stretti imposti tutti in “non allineati” corrono in solitaria, alla fine oltre il 6% dell’elettorato non ottiene rappresentanza, e l’unico exploit avviene a Messina dove sia al Senato che alla Camera nell’uninominale vincono i candidati di Sud chiama Nord, ma è significativo il fatto che i 266000 voti (13,11%) ottenuti in tutta la regione al Senato non fruttino un ulteriore eletto nel proporzionale, visto lo sbarramento nazionale al 3%.

Questa volta dalle urne esce un maggioranza la colazione di centrodestra ottiene il 43,79% e grazie all’affermazione in 121 collegi uninominali Camera ed in 59 al Senato ha la maggioranza in entrambe le Camere, questa volta il partito di gran lunga più votato nel cdx è Fratelli d’Italia (26,00%), va detto che in altre occasioni il centro destra, unito o diviso, aveva ottenuto percentuali superiori.

Ci vogliono giorni per capire chi sono gli eletti e qualcuno deve disfare le valige pronte per Roma, visto che la prima lista dei nuovi deputati viene poi modificata, anche con illustri recuperi.

In definitiva che giudizio dare?

Sintetizziamo:

Affluenza al voto : 63,91% (si commenta da sola)

Semplicità del sistema elettorale : non si direbbe.

Possibilità di scelta: minima, liste bloccate, no preferenza, non voto disgiunto.

Rappresentanza del territorio; nulla dopo la riduzione

Governabilità : non garantita

Facilità di partecipazione e diritto ad essere rappresentati: quasi nulla .

Insomma una legge che niente ha di positivo, assolutamente da cambiare.

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